Sicuramente avrete già familiarità con il concetto di ambientalismo e femminismo, ma esiste anche un importante movimento, nato alla fine degli anni 70, chiamato ecofemminismo che combina le due cose.
Il termine ecofemminismo fu coniato nel 1974 dall’attivista francese Françoise d’Eaubonne per descrivere un movimento che tratta la connessione tra distruzione della natura e sfruttamento delle donne. Nello specifico questa filosofia analizza e critica i modi in cui, sia le donne che la natura, sono stati trattati dalla società patriarcale. Infatti, l’ecofemminismo sostiene che la maggior parte delle questioni ambientali può essere ricondotta a delle pratiche perpetuate da chi era al potere (per la maggior parte uomini) che prevedevano l’aggressività e il dominio nei confronti del mondo naturale.
Un’altra questione su cui l’ecofemminismo vuole portare consapevolezza è il fatto che le donne siano la categoria più affetta dal cambiamento climatico. Secondo un rapporto dell’ONU, poiché le donne di tutto il mondo in genere detengono meno ricchezza monetaria e fanno più affidamento sull’ambiente naturale, hanno maggiori probabilità di essere sfollate dai cambiamenti climatici e di dover viaggiare più lontano per le risorse basilari, come l’acqua. Questo aspetto è particolarmente impattante per tutte quelle donne nere, indigene e che vivono in paesi in via di sviluppo che vedono i loro territori e le loro risorse minacciate.
Sono passati quasi 50 anni da quando l’ecofemminismo è stato formalmente introdotto e oggi più che mai i principi di questo movimento sono importanti e richiedono un’azione urgente.
Ecco i cinque principi più importanti dell’ecofemminismo che ci aiutano a capire meglio il movimento e a metterlo in pratica nella nostra vita:
- L’oppressione dei gruppi marginalizzati e l’oppressione della natura sono collegati. Il dominio patriarcale ha portato ad un’inesorabile distruzione della natura e ad un’ulteriore emarginazione di alcuni gruppi di persone. Il capitalismo contribuisce ulteriormente a questa oppressione perchè mette al primo la produttività a discapito della natura.
- Dobbiamo sostituire la cultura del dominio ad un’etica della cura. L’ecofemminismo sostiene che è necessario una revisione dell’intero sistema maschile di dominio e sfruttamento della natura e sostituirlo con un’etica della cura. E’ un approccio che si concentra sulla benevolenza e sulla protezione di ciò che una storia di dominazione patriarcale ha distrutto.
- Tutte le forme di oppressione sono inaccettabili e interconnesse. Per rendere l’ambientalismo intersezionale, bisogna considerare tutte le persone: le donne, le persone nere, le persone appartenenti a minoranze etniche, le persone appartenenti alla comunità LGBTQ+, etc. Queste categorie, già normalmente oppresse, vedono un aggravarsi della loro situazione quando si sovrappongono anche le questioni ambientali.
- Comprendere queste connessioni è necessario per un cambiamento equo. Per avere un reale impatto e un cambiamento, il femminismo deve considerare le questioni ambientali e viceversa. E’ fondamentale comprendere come le dinamiche di genere abbiano un impatto sul cambiamento climatico.
- Le persone più colpite dalla distruzione dell’ambiente devono essere coloro che guidano il movimento. E’ importante che ci sia un’enfasi nell’avere una leadership diversificata all’interno del movimento. In particolare le donne indigene e nere sono quelle più afflitte dalla distruzione ambientale e sono anche le più indicate a guidare il movimento e a identificare le migliori soluzioni.
Per concludere, l’ecofemminismo è un movimento che ora più che mai ha bisogno di avere spazio nell’opinione pubblica, nei media e nella vita quotidiana di tutti noi. Dobbiamo impegnarci a creare un cambiamento e ad ascoltare e supportare le persone maggiormente afflitte dal disastro ambientale che stiamo vivendo.
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